Il Decreto Trasparenza (D. Lgs. 104/2022) ha introdotto il principio secondo cui, nei contratti di lavoro a termine, il periodo di prova debba essere proporzionato rispetto alla durata del contratto, ma senza definirne i criteri di calcolo.
Il Collegato Lavoro stabilisce ora criteri univoci: fatte salve le previsioni più favorevoli della contrattazione collettiva, la durata del periodo di prova per i rapporti di lavoro a tempo determinato è fissata in un giorno di effettiva prestazione ogni quindici giorni di calendario a partire dalla data di inizio del rapporto di lavoro.
In ogni caso, esso non può essere inferiore a due giorni né superiore a quindici giorni per i contratti con durata non superiore a sei mesi, e non può essere inferiore a due giorni e superiore a trenta giorni per quelli con durata superiore a sei mesi e inferiori a dodici mesi.
Se il rapporto di lavoro a termine supera i dodici mesi, si fa riferimento alla durata del periodo di prova stabilita dal Ccnl per i contratti a tempo indeterminato.
Non subiscono modificazioni, invece, i limiti normativi posti in tema di reiterazione della prova in caso di susseguirsi di contratti per lo svolgimento della medesima mansione e del suo prolungamento al verificarsi di eventi particolari quali la malattia, l’infortunio o i congedi di maternità e paternità obbligatori.